Kazakistan e Mangystau
Dove deserto e montagne svelano antiche meraviglie
Una tappa della favolosa via carovaniera della Seta era il Kazakistan.
Mercanti e cammelli impiegavano settimane ad attraversarlo, perché questo storico crocevia fra Europa Orientale e Asia Centrale è il nono Paese al mondo per dimensioni.
Oggi per il viaggiatore avventuroso il Kazakistan è una meta tutta da scoprire: un surreale succedersi di steppe infinite, di deserti coloratissimi, di montagne maestose, di canyon e di laghi cristallini.
Le popolazioni nomadi che abitavano questo immenso territorio hanno lasciato tracce dei loro misteriosi insediamenti, delle pratiche religiose e dei riti funerari, dei villaggi kazaki dove la pastorizia è praticata come nella Bibbia, dei mausolei fittamente decorati e delle moschee rupestri, che celebrano un Islam poco convenzionale.
Sulle sponde del Mar Caspio si affaccia la regione del Mangystau, una delle aree più remote e misteriose del Kazakistan.
Grande protagonista di questo sconfinato deserto lunare è la pietra. Pinnacoli, canyon, creste scheggiate dal tempo e dagli eventi atmosferici, altipiani spazzati dal vento, rocce ondulate, calanchi scavati, falesie, crete, stratificazioni variopinte.
Qui è la geologia in tutte le sue più folli manifestazioni a fare da padrone e addentrarsi in queste gole, esplorare questi altipiani significa penetrare nel laboratorio millenario della natura, accompagnati dai silenzi infiniti che invitano a guardarsi dentro.
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Dove i giganti preistorici prendono vita e le Dolomiti tremano!
La Cresta del Drago
Non scordate questo nome, perché indica uno dei luoghi più fantastici del Mangystau.
Di fronte a queste guglie vertiginose alte un centinaio di metri, che si allungano come la spina dorsale di un colossale animale preistorico su bancate di deserto bianco, anche le Dolomiti tremano.
Solitarie, improbabili nei loro equilibri, isolate in mezzo la nulla, costituiscono il tesoro più prezioso del deserto di Bozzhira, che si stende al limite occidentale dell’altopiano di Ustyurt.
Scegliete l’alba o il tramonto per ammirare queste inverosimili formazioni rocciose o attendete la notte per vederle incidersi sopra un cielo gremito di stelle.
L’ora non importa. Quello che conta è che sarete stati testimoni di uno dei più grandiosi spettacoli naturali della Terra.
Tra mele, mercati e montagne innevate
La città delle mele, la regione dei sette fiumi: tutti gli epiteti riferiti ad Almaty parlano di una terra rigogliosa, che sembra lontana dalle confinanti steppe e dal loro clima estremo.
La vecchia capitale del Kazakistan, sorta a metà Ottocento intorno alla fortezza di Vernly, è un concentrato di storia russa. Prima la città zarista con la cattedrale ortodossa dell’Ascensione, uno dei pochi monumenti sopravvissuti al terremoto del 1911 grazie alla sua architettura in legno costruita senza utilizzare chiodi.
Poi i monumenti della retorica sovietica come il museo kazako, che esibiscono la loro grandeur ormai fuori tempo accanto all’aggressiva skyline degli edifici di ferro e vetro del post-comunismo.
Le montagne innevate sullo sfondo, dove si pratica lo sci, offrono la loro scenografica cornice a una città vibrante e vivacissima, in cui le più diverse etnie del Kazakistan si affollano in mercati, caffè, ristoranti e nelle famose terme.
Opere di antiche civiltà o fenomeni naturali? Il mistero continua.
Chi realizzò le enigmatiche sfere di pietra trovate nella regione di Torysh, in Kazakistan?
Furono opera della natura o servivano ai rituali di antiche civiltà di cui abbiamo perso ogni traccia?
Molte le ipotesi formulate intorno a questi manufatti, che possono variare nelle dimensioni, da pochi centimetri ad alcuni metri, ma tutti esibiscono una perfetta forma sferica.
Fra le poche certezze, l’età: pare infatti che risalgano al Giurassico medio, 180-200 milioni di anni fa, e siano composte di carbonato o di cemento silicato.
Di là dalle congetture della scienza, resta per noi lo spettacolo onirico di queste strane concrezioni che si stendono a perdita d’occhio, rinviandoci un messaggio che per ora non siamo in grado di decifrare.
Accanto al Kazakistan di pietra, di gesso, di sale, che delinea i suoi paesaggi frastagliati nei deserti più policromi del Pianeta, c’è il Kazakistan della memoria storica, dove le mille suggestioni della Via della Seta si intrecciano alla misteriosa cultura dei dervisci e dei sufi. È un Islam periferico, misterioso, consegnato a riti custoditi gelosamente negli antichi volumi.
Nel tempio buddista a cielo aperto di Tamgaly Tas oltre cinquemila misteriosi segni e gli imponenti petroglifi incisi sulla roccia testimoniano il transito degli antichi popoli nomadi. La macchina del tempo retrocede fino all’VIII e IX secolo, permettendoci di gettare uno sguardo sulle civiltà dei primi abitanti della steppa eurasiatica.
Scavata nel gesso, la moschea sotterranea Shakpak-Ata risale a un’età compresa tra il X e il XIII secolo. Scoprite sulle pareti le scritture in farsi, turco e arabo dei pellegrini che accorrevano da tutta l’Asia per prendere parte ai riti, alle danze sacre e alle pratiche di guarigione sufi.
Anche il leggendario condottiero mongolo Tamerlano è passato per queste terre e fu lui a volere erigere nel XIV secolo il fastoso Mausoleo di Khoja Ahmed Yasawi, con le sue splendide decorazioni azzurre.
Fu nel 2002 il primo sito kazako ad essere inserito nell'elenco dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco.
quando la natura sa come giocare con i colori e le forme
Sale bianco e aride scogliere: così, per chilometri e chilometri.
Ecco Sor Tuzbair, la «palude salina» nel cuore del Mangystau.
Lontani sembrano scintillare immensi laghi, ma sono solo miraggi, salvo dopo le piogge, quando l’acqua si increspa davvero sotto le folate sabbiose del vento del deserto.
Fra infinite formazioni rocciose, non perdete il monumentale Arco, che bianchissimo si incurva sul fondo inaridito di questo antico oceano.
Siete capitati in un fantastico Paese delle Meraviglie.
Aprite bene gli occhi, perché a ogni passo vi potrete imbattere in un dente di squalo, in una conchiglia fossile o nel guscio geometrico di un riccio di mare. Ritirandosi, il mare ha lasciato i suoi messaggi.
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