Una verde e immensa vallata circondata da montagne granitiche e da giganteschi ghiacciai.
Nella Patagonia più profonda, sulle rive del braccio nord del Lago Argentino, si nasconde un paradiso terrestre.
Qui, in mezzo agli “alamos” (i pioppi che segnalano sempre in questa terra inospitale la presenza umana) sbattuti dai forti venti del Sud del mondo, si nasconde l’Estancia Cristina, un vero e proprio gioiello, testimonianza del tempo dei pionieri, che per primi raggiunsero queste lande desolate inseguendo il sogno di una vita migliore.
Ora la bella casa bianca con il tetto verde è stata trasformata in un elegante e ospitale lodge, ma basta chiudere gli occhi per tornare agli inizi del 1900, quando la sua storia è cominciata. E pare di vederlo, il pioniere Joseph Percival Masters che, con la sua giovane sposa e dopo varie peripezie, arriva, a bordo della barca dell’esploratore Francisco Moreno, nella sua terra promessa.
E’ questo il luogo dove vivrà, è questa la terra che renderà fertile e dove il gregge delle sue pecore aumenterà per garantirgli una ricca rendita grazie alla vendita della lana. Certo non è facile, ma poco a poco la fattoria prende forma. Costruisce i casolari, i capannoni per la tosatura, le officine, una piccola barca, un mulino e un impianto idraulico per irrigare e poter coltivare tutto ciò che serve per vivere.
L’isolamento del luogo è superato con una potente stazione radio con cui la famiglia Masters, che nel frattempo è cresciuta con la nascita dei due figli Cristine ed Herbert, si tiene in contatto con il resto del mondo. Purtroppo una polmonite si porta via Cristine (da qui il nome dell’estancia), Herbert invece, cresciuto, sposa la scozzese Janet, arrivata quaggiù per fare la badante dell’anziana signora Masters.
Ed è stata proprio Janet a raccontare questa storia ad Antonio Curtabbi (Founder di EARTH) che, con un gruppo di amici, negli anni ’80, arrivò qui dopo aver trascorso una ventina di giorni ad esplorare lo Hielo Continental Sur.
Allora l’Estancia non era ancora un lodge, ma Janet accolse gli ospiti, stanchi e affamati, servendo tè e pasticcini. Si fermarono tre giorni, il tempo di riposare e di esplorare questa valle immersa in quello che è ora il Parco Los Glaciares.
Conservano un ricordo indelebile di quelle giornate e della gentilezza della signora, forse l’ultima pioniera della Patagonia.
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