DELIZIE PER IL PALATO

I Maya e gli Aztechi furono le civiltà precolombiane più evolute che fino al XVI secolo dominarono ampi territori corrispondenti all’attuale Messico. La loro dieta alimentare si basava su prodotti naturali che crescevano in abbondanza grazie ad avanzate tecniche agricole e al clima favorevole: peperoncini, mais, fagioli, avocado, patate dolci ecc. L’allevamento per contro era un’attività poco conosciuta e scarsamente praticata, limitandosi soprattutto alla crescita e al consumo di carne di tacchino.
Nel 1517 le navi spagnole di
Francisco Hernández de Córdoba
sbarcarono nello Yucatan provenienti da Cuba, seguite in pochi anni da altre spedizioni di conquista tra cui quella del condottiero
Hernán Cortés
nel 1519, che sancirono
la fine dell’impero azteco
, anche a causa della diffusione di malattie sconosciute nei nuovi territori, come il vaiolo.
Lo scrittore e storico messicano
Justo Sierra Méndez
affermò che “
El abarrotero, no el conquistador, es el verdadero padre español de la sociedad mexicana
”, cioè “il droghiere, non il conquistatore, è il vero padre spagnolo della società messicana”: questa frase riassume perfettamente
l’importanza della cucina
nell’identità culturale della società messicana attuale e dell’eredità storica introdotta dalla Spagna con la conquista intrapresa circa 500 anni fa.
L’
abarrotero
si destreggiava in una cucina spagnola che aveva già incorporato per 8 secoli elementi gastronomici degli Arabi mediterranei: egli contribuì ad un’ulteriore sviluppo culinario applicando le proprie tecniche di preparazione dei cibi (per esempio la frittura) non solo agli ingredienti che si portò dall’Europa (riso, olio di oliva, cipolle, aglio, canna da zucchero, origano ed altre spezie, ma anche carni derivanti da animali come il maiale, la mucca, il pollo e la pecora), ma anche ai prodotti trovati e cresciuti in loco, tra cui gli immancabili peperoncini, il mais ed fagioli, a cui nel frattempo si aggiunsero anche i pomodori.
Il risultato di questo incontro e di questa miscela di sapori è tuttora sotto gli occhi di tutti e provare la cucina locale rappresenta un’esperienza essenziale, oltre che molto piacevole, durante un viaggio in Messico.
Ogni regione del Paese vanta proprie specifiche specialità, ma ovunque si trovano
tacos
(tortillas di mais ripiegate e farcite con carne e aromi),
burritos
(involtini di tortillas riempiti di carne marinata, verdure e spezie),
enchiladas
(tortillas ripiene, arrotolate e condite con salsa chili e farcitura di carne e/o verdure),
quesadillas
(triangoli di tortillas riempiti di formaggio fuso),
ceviche
(pesce e frutti di mare crudi marinati in succo di limone e spezie),
frijoles
(crema di fagioli),
guacamole
(salsa a base di avocado), il tutto innaffiato da fresca
cerveza
Corona (con l’immancabile fettina di lime), oppure da qualche bicchierino di
Tequila
, rigorosamente servita in bicchierini di terracotta e accompagnata da sale e lime oppure sottoforma di fresco cocktail come il
Margarita
alla frutta.
Come qualsiasi viaggiatore saprà benissimo, gustarsi un vassoio di
pescado
fresco ed un paio di boccali di birra Sol ghiacciata in un ristorantino sulla spiaggia di
Progreso
è infinitamente più prelibato e soddisfacente di consumare cibo precotto al forno microonde nel locale pseudo-etnico da poco apparso sotto casa.
YUCATAN, TRA MARE E MAYA

Chi decide di visitare il Messico spesso conclude il proprio viaggio lungo la
Riviera Maya
, nella penisola dello Yucatan, per rilassarsi in spiaggia, fare un bagno nelle acque blu, azzurre e verdi del
Mar dei Caraibi
e godersi la vita mondana di
Playa del Carmen
e
Cancùn
.
Qui il paesaggio costiero lascia a bocca aperta per la bellezza delle sue fitte
foreste di mangrovie
, per l’atmosfera distesa dei suoi villaggi di pescatori in stile coloniale con i loro eccellenti ristorantini, per la tranquillità delle sue romantiche isole (come
Cozumel
e
Isla Mujeres
) e per l’unicità dei suoi
parchi bio-marini
(come quello di
Xel Ha
) dove si ammirano pacifiche
iguane, pappagalli colorati e infinite specie di pesci
.
Ma sarebbe un peccato soffermarsi solo sull’aspetto balneare di quest’area senza approfondirne quello più prettamente culturale. La penisola dello Yucatan rappresentava infatti
una delle regioni più fiorenti dell’impero Maya
, civiltà sviluppatasi a partire dal 750 a.C. nei territori degli odierni Messico, Guatemala e Belize.
La struttura sociale dei Maya si basava su una raffinata conoscenza delle tecniche agrarie e su una rete di
città-stato
legate da floridi legami commerciali: questa combinazione di fattori le consentì di raggiungere vere e proprie eccellenze in campo artistico, architettonico, astronomico e matematico.
Testimonianze dell’antica civiltà Maya sono abbondantemente presenti nello Yucatan ed il sito archeologico più importante, oltre che tra quelli meglio conservati, è il complesso di
Chichén Itzá
. Questa città Maya fu edificata verso il 600 d.C. in posizione strategica nei pressi di due larghi e profondi pozzi naturali di acqua dolce, detti
cenotes
. Oggi le sue rovine rappresentano una tappa imperdibile durante un viaggio in Messico, grazie anche all’egida dell’Unesco che nel 1988 le ha dichiarate “patrimonio dell’umanità”.
Il cuore del complesso è rappresentato da una magnifica
piramide a gradoni
, il
tempio di Kukulkan
, i cui angoli all’equinozio di primavera e a quello di autunno disegnano - in un incredibile gioco di luci ed ombra, all’alba e al tramonto - la sagoma di un
serpente piumato
, il dio Kukulkan.
Intorno a “
El castillo
” sorgono altri raffinati edifici che emergono dalla fitta foresta, tra cui il
Tempio dei Guerrieri
dalle mille colonne intagliate e raffiguranti dei soldati, il
Palazzo des las Monjas
con funzioni amministrative e l’osservatorio astronomico
El Caracol
, al cui interno i Maya studiavano le ombre proiettate dal sole per determinare con stupefacente precisione solstizi ed equinozi.
Tra questi splendidi monumenti di culto, amministrativi e scientifici è possibile poi individuare un grande spazio dedicato al
gioco della palla
: di forma rettangolare e racchiuso tra alte pareti in roccia intagliata, il campo serviva a praticare un gioco vagamente antenato della pallavolo, del tennis e del basket, con anelli di pietra attraverso cui far passare una palla di robusta gomma. Questo gioco, diffuso tra tutti i popoli della Mesoamerica precolombiana, non aveva solo funzioni ludiche, ma spesso era anche utilizzato per
dirimere conflitti e dispute senza arrivare allo spargimento di sangue
: un ottimo metodo che sarebbe opportuno applicare anche ai nostri giorni !