C’è un romanzo di Wilbur Smith che vale proprio la pena di leggere prima di partire per un viaggio in Namibia: “La spiaggia infuocata”. E’ una magnifica avventura che si svolge, per lo più, in uno dei luoghi più selvaggi e inospitali del Paese, la Skeleton Coast.
Qui le dune del deserto del Namib sprofondano nell’oceano Atlantico dando origine a una distesa di sabbia e onde che sembra non finire, dove anche i miraggi diventano reali.
Per gli inglesi è la “Costa degli scheletri”, per i portoghesi sono le “sabbie dell’inferno”, ma sono i San, i boscimani, che meglio di ogni altro hanno saputo rendere con un nome il senso più profondo di questo litorale: “la terra che Dio ha creato con rabbia”.
Le alte onde oceaniche si infrangono sulla sabbia dorata, la trascinano nell’acqua formando fondali insidiosi, impossibili da mappare, dove molte navi sono naufragate anche in tempi recenti.
Lo dimostrano i relitti ancora visibili, incagliati sui banchi sottomarini a qualche chilometro dalla costa, o mezzo sommersi sulla spiaggia, che inesorabile avanza, anche spinta dal vento, inghiottendo quello che incontra. Appaiono e scompaiono, arrugginiti e contorti, come navi fantasma, spesso avvolti dalla fitta nebbia mattutina creata dallo scontro tra la fredda corrente del Benguela, che lambisce la costa, e le più calde acque oceaniche. Nebbia che se da un lato aggrava la pericolosità della navigazione, dall’altro è vita perché, spingendosi per una cinquantina di chilometri nell’entroterra, fornisce l’umidità indispensabile per la flora e la fauna che abita l’aridissimo deserto del Namib.
Questa costa affascinante e remota, spietata e sconfinata, dal 1973 Parco nazionale, non è però disabitata. Sul promontorio di Cape Cross, infatti, staziona la colonia di otarie più popolosa al mondo. Sono più di 100.000 gli esemplari che affollano la spiaggia, che si tuffano tra le onde, che dormono, mangiano, giocano e litigano.
I loro versi assordanti e l’insopportabile odore che emanano trasportano in un mondo primordiale, dove il tempo di oggi è uguale a quello di un remoto ieri.
Nel suo romanzo Wilbur Smith racconta che qui un tempo arrivavano i leoni che potevano cacciare senza fare troppa fatica. Oggi, tra le otarie, si intravvede solo qualche sciacallo. Mentre lo sguardo spazia in questo infinito fatto di sabbia e acqua, fatto di nulla, pare però di sentire un ruggito…
Cosa nasconde la nebbia della Skeleton Coast? Come dicevamo all’inizio, qui anche i miraggi diventano reali.
IL VIAGGIO PERFETTO PER TE